I dati sono la materia prima di ogni processo digitale: per funzionare, la grande macchina della digitalizzazione ha bisogno di enormi quantità di dati, da accumulare, interpretare, catalogare e trasformare in informazioni. Il primo problema da affrontare è chiaramente quello di acquisire questi dati, ma è solo l’inizio: poi bisogna organizzarli e, infine, interpretarli.
Il primo problema si risolve moltiplicando le fonti di acquisizione, per esempio nel caso dell’assistenza sanitaria gli strumenti diagnostici digitali e le piattaforme gestionali. Il secondo dipende soprattutto da come sono costruiti gli strumenti che gestiscono i dati, quindi l’architettura dei sistemi digitali e delle reti che li collegano. Il terzo è legato alla capacità di integrazione del dato e del sistema di raccolta e gestione nei due contesti in cui essi insistono: quello generale del sistema sanitario e quello personale del paziente e della sua storia.
In questo senso possono essere interessanti le riflessioni di Daniel Kraft, fondatore dell’Exponential Medicine Conference e professore alla Singularity University, nel contesto di una tavola rotonda sulle prospettive della sanità digitale presieduta da Michael Kirgsman di CXO Talks. Secondo Kraft, oggi le vere carenze non riguardano la disponibilità dei ai professionisti della sanità, ma la loro contestualizzazione. La piattaforma ideale per l’assistenza sanitaria digitale, nelle sue parole, dovrebbe “imaparare dall’esperienza clinica in tutto il mondo e sintetizzare i dati in componenti utilizzabili. Nessuno vuole vedere i dati grezzi di ECG, pressione sanguigna o simili. Cosa significano nel contesto, anzi, in rapporto a quella data persona? Ci sono molti strati e stiamo cominciando a unire i puntini”.
Vanno in questa direzione anche le riflessioni di John Halamka, presidente della Mayo Clinic Platform, che ha sottolineato l’importanza di allineare gli apparati sanitari e i dati in tempo reale, per ottenere i risultati migliori. L’esempio da lui proposto è quello della radioterapia, che va allineata con un acceleratore lineare, il che richiede la collaborazione tra fisici e oncologi, con circa sei ore-uomo di lavoro per valutare i filmati del tumore e programmare l’acceleratore. Tempi che potrebbero essere radicalmente ridotti grazie a sistemi avanzati, con un meccanismo basato su cloud capace di processare le immagini tumorali con algoritmi di intelligenza artificiale in grado di programmare l’acceleratore per emettere la dose di radiazioni più bassa, più sicura e più efficace possibile per quel paziente.
Se è vero che l’intelligenza artificiale può essere la chiave di impressionanti sviluppi nella tecnologia delle cure, esiste un problema di black box, per riprendere le parole di Kraft. Infatti, i medici, e spesso gli stessi esperti informatici, non capiscono bene quali processi sono alla base delle prestazioni diagnostiche spesso stupefacenti delle AI. Ciò pone dei grossi problemi nella capacità dei medici di operare con questi sistemi e di sfruttarli al meglio, perché non ci si può certo affidare ciecamente alle AI.
Altro aspetto importante, la semplificazione dei processi con cui si ottengono i dati dai pazienti. Gli assistenti virtuali, come Alexa di Amazon, sono un ottimo esempio: non occorre nessuna formazione specifica per usarli nel controllo dell’aderenza terapeutica (“Alexa, ho già preso le mie medicine?”) o nel ricorso all’assistenza sanitaria (“Alexa, manda i risultati dell’esame al dottore e fissa un appuntamento”). Ancora una volta, l’efficacia della tecnologia dipende dalla sua capacità di inserirsi nella vita di tutti i giorni, in modo decisivo ma senza richiedere particolari adattamenti.
In questo senso, è interessante che Kraft citi come esempio tipico quello di un MMG, che non si trova di fronte a casi di emergenza in un pronto soccorso, ma che si deve occupare di centinaia di pazienti, cercando di evitare che si trovino in situazioni del genere. Invece, il medico dovrebbe poter “vedere un cruscotto che li avvisa se il durante il sonno il battito cardiaco è andato da 50 a 70, il che può indicare un problema e suggerire di chiamarli”.
Personalizzazione delle informazioni per un approccio proattivo alle cure: questo è il senso della digitalizzazione, a partire dalla medicina generale.