Territorio e ospedale sono le due articolazioni fondamentali della sanità. La loro collaborazione è decisiva se si vuole rispondere alla domanda di salute dei cittadini, in modo efficace e con un uso efficiente delle risorse. Se questo principio è persino banale nella sua evidenza, va detto però che non sempre trova l’attuazione che meriterebbe. Lo si è visto, in modo drammatico, in questa epidemia: le regioni i cui sistemi sanitari integrano bene queste due dimensioni hanno mostrato, e stanno continuando a mostrare, una buona capacità di affrontare l’emergenza e di gestire le strutture sanitarie, mentre quelle che hanno contrapposto territorio e ospedale, in genere a scapito del primo, la situazione è spesso degenerata, anche tragicamente.
Al di là della politica sanitaria, la sinergia tra ospedale e territorio va costruita tutti i giorni, nella pratica quotidiana e nella collaborazione scientifica. Ne è un esempio il Documento di indirizzo per la gestione della malattia Covid, prodotto dal lavoro di AIPO (associazione italiana pneumologi ospedalieri) e Metis-Fimmg.
Il documento è un vero e proprio manuale per riconoscere, classificare e trattare questa patologia, sulla base delle esperienze fatte su tutti i fronti della battaglia contro la pandemia. Il testo è utile per molti motivi. In primo luogo, perché contiene indicazioni chiare, operative ed evidence-based per molti aspetti chiave del trattamento della patologia, dalla diagnosi differenziale in ambulatorio, per individuare rapidamente i casi sospetti e isolarli da quelli spiegati con altre diagnosi, alla definizione dei fattori di rischio e dei parametri per classificare la gravità dell’infezione, alla terapia nei diversi setting: domiciliare, ambulatoriale e ospedaliero.
Altro elemento fondamentale, il rapporto tra ospedale e territorio viene strutturato in tutto il testo come un dialogo continuo, con proposte incisive per creare un’interazione virtuosa. Proprio il Covid ha mostrato come questa interazione sia fondamentale: una patologia che può degenerare rapidamente e in modo drammatico è essenziale tenere sotto controllo l’evoluzione di ogni caso per ricorrere, quando necessario, alle strutture ospedaliere, ma è altrettanto necessario evitare la saturazione di queste strutture, coinvolgendo quanto più possibile il territorio e anche il domicilio.
Qui entra in gioco un terzo elemento chiave di questo lavoro: la centralità occupata dalla telemedicina e dalle risorse della sanità digitale, non solo per monitorare i parametri clinici ma anche per il dialogo e lo scambio di informazioni. Un dialogo che non riguarda solo i medici di medicina generale e gli ospedali, ma che coinvolge necessariamente, e con tutta la centralità che meritano, i pazienti e le loro famiglie.
Il risultato di questo approccio è un documento che merita di essere letto con attenzione sia da parte dei medici di medicina generale, sia dai loro colleghi che lavorano in ospedale. Proprio qui sta il suo ultimo pregio, ma non certo il minore: nell’affrontare, in modo tanto esauriente quanto conciso, tutti gli aspetti fondamentali della patologia, contribuisce a creare una cultura comune di ospedale e territorio. Quella cultura del prendersi cura, in cui le diverse competenze vengono davvero messe a fattor comune e le soluzioni digitali sono un facilitatore del dialogo per tutti.