Cominciano a essere significativi i casi in cui il COVID-19 provoca conseguenze a lungo termine che possono avere un impatto significativo sulla qualità della vita. Si tratta di un tema di grande rilevanza per la medicina generale, su cui i MMG non possono farsi trovare impreparati. Per fornire un primo contributo, diamo una sintesi delle linee guida britanniche, la cui traduzione italiana è stata pubblicata dalla rivista Evidence della fondazione GIMBE ed è disponibile qui.
Secondo l’Office for National Statistics, in circa una persona su cinque affetta da COVID-19 i sintomi hanno una durata superiore alle 5 settimane. Il problema è che non esiste una definizione clinica condivisa del COVID-19 a lungo termine, né una chiara definizione del percorso terapeutico. Le linee guida elaborate da National Institute for Health and Care Excellence (NICE), Scottish Intercollegiate Guidelines Network (SIGN) e Royal College of General Practitioners (RCGP) nascono per iniziare a colmare questo vuoto. Il documento contiene per l’assistenza di pazienti con segni e sintomi di durata superiore alle 4 settimane, sviluppati durante o dopo un’infezione compatibile con COVID-19 e che non possono essere spiegati da diagnosi alternative.
Secondo queste linee guida, sono definiti tre tipi di COVID, a seconda della durata dei sintomi:
- fino a 4 settimane: COVID-19 acuto;
- tra 4 e 12 settimane: COVID-19 sintomatico persistente;
- in caso di segni e sintomi sviluppati durante o dopo un’infezione compatibile con COVID-19, presenti per più di 12 settimane e non spiegabili con diagnosi alternative, si è in presenza di sindrome post-COVID.
Empowerment del paziente e presa in carico
A partire da questa classificazione, vengono formulate raccomandazioni per i professionisti sanitari impegnati nell’assistenza di persone che hanno avuto COVID-19 acuto, confermato o sospetto in qualunque setting sanitario, indipendentemente dall’ospedalizzazione o dal risultato del test diagnostico utilizzato (tampone molecolare o antigenico, test sierologico).
Fondamentale è il coinvolgimento dei pazienti, a cui è essenziale fornire informazioni per comprendere e riconoscere i sintomi e richiedere aiuto e assistenza quando opportuno. In questo modo, diviene possibile individuare rapidamente i casi di persistenza o insorgenza di nuovi sintomi, da gestire in autonomia o per i quali rivolgersi al proprio medico. Questo approccio di empowerment favorisce anche la presa in carico dei gruppi più vulnerabili, il coinvolgimento dei caregiver e la messa in campo di strumenti di contatto differenziati, tra cui la comunicazione digitale e il videoconsulto.
Sintomatologia
Passando alla definizione specifica dei sintomi del cosiddetto long COVID, si tratta di un ventaglio molto ampio e ancora non puntualmente definito. I più comuni sono l’astenia e l’affanno. Vi sono poi sintomi cardiovascolari (oppressione e dolore toracico, palpitazioni), gastrointestinali, muscolo-scheletrici e soprattutto psicologici (ansia e depressione) e neurologici (deterioramento cognitivo, cefalea, disturbi del sonno, neuropatia periferica, vertigini e delirium negli anziani). Per questo è necessaria un’anamnesi completa, che prenda anche in esame l’impatto del quadro sintomatico sulla vita quotidiana e la qualità di vita del paziente. Va ricordato che non vi è un rapporto diretto tra la severità della fase acuta e la durata o l’insorgenza della sindrome post-COVID.
Importante anche il capitolo su consulti specialistici e approfondimenti diagnostici. Infatti non esiste un set di test diagnostici standard, per l’ampia varietà dei sintomi possibili e della loro severità. Le linee guida, comunque, comprendono:
- esami ematochimici, tra cui emocromo, test di funzionalità epatica e renale, proteina C-reattiva, ferritina, peptide natriuretico di tipo B e test di funzionalità tiroidea.
- rx del torace entro 12 settimane dall’insorgenza del COVID-19 acuto se il paziente non l’ha mai eseguita e continua ad avere sintomi respiratori.
- test da sforzo adatto alle abilità del paziente.
- Nelle persone con sintomi posturali misurare la pressione arteriosa e la frequenza cardiaca in clino e ortostatismo.
La risposta digitale
Anche per quanto riguarda la pianificazione dell’assistenza, in coinvolgimento di pazienti, familiari e caregiver è cruciale. Qui, oltre a integrare il self management del paziente con i servizi delle cure primarie e dei servizi di riabilitazione fino a ricorrere all’assistenza specialistica quando appropriato, può essere molto utile il ricorso a soluzioni digitali per gestire al meglio lo scambio di dati e informazioni e il monitoraggio a distanza delle condizioni di salute. Ciò è particolarmente importante considerato il fatto che i sintomi spesso sono fluttuanti o ricorrenti; utile è anche un diario della patologia, anch’esso realizzabile in via digitale.Il long COVID e la sindrome post COVID sono delle sfide nuove, che possono avere un forte impatto sulla salute delle persone, la loro qualità di vita e la domanda di salute. Per affrontare questo nuovo quadro patologico, è necessario fare un passo avanti nelle tre dimensioni della nuova sanità del territorio: empowerment del paziente, integrazione di servizi e livelli di assistenza, digitalizzazione dell’assistenza sanitaria, per rafforzare il rapporto medico-paziente e favorire la circolazione, efficiente, sicura e protetta, dei dati.