La gabbia (burocratica) della quarantena

Il nuovo aggiornamento della circolare del della salute su quarantena e isolamento per il Covid, uscito l’11 agosto non è certo povero di dettagli. Anzi, possiamo dire che le linee guida del Ministero ne abbondino, con una profusione quasi bizantina. Proviamo a riassumerne i punti salienti.

Per chi ha compiuto il ciclo vaccinale da almeno 14 giorni, si prevedono due categorie.

Coloro che hanno avuto contatti ad alto rischio e sono ovviamente asintomatici, si prevede un periodo di quarantena di almeno 7 giorni. Trascorsi questo periodo, possono “rientrare in comunità”, per usare il lessico ministeriale, previo tampone negativo. Nel caso in cui non venga effettuato il tampone, la quarantena si estende ad almeno 14 giorni

Nei casi di contatti a basso rischio, non si richiede la quarantena. Vale però la pena di riprendere la lista fornita dal ministero per questo tipo di esposizioni:

  • una persona che ha avuto un contatto diretto (faccia a faccia) con un caso COVID-19, ad una distanza inferiore ai 2 metri e per meno di 15 minuti;
  • una persona che si è trovata in un ambiente chiuso (ad esempio aula, sala riunioni, sala d’attesa dell’ospedale) o che ha viaggiato con un caso COVID-19 per meno di 15 minuti;
  • un operatore sanitario o altra persona che fornisce assistenza diretta a un caso COVID-19 o personale di laboratorio addetto ai campioni di un caso COVID-19, provvisto di DPI raccomandati;
  • tutti i passeggeri e l’equipaggio di un volo in cui era presente un caso COVID-19. Con eccezione dei passeggeri seduti entro due posti in qualsiasi direzione rispetto al caso, dei compagni di viaggio e del personale addetto alla sezione dell’aereo/treno dove il caso indice era seduto che sono infatti classificati contatti ad alto rischio.

Fantasie burocratiche

Ovviamente queste disposizioni postulano un tracciamento meticoloso e millimetrico di ogni contatto, capace di seguire i cittadini passo dopo passo. Una situazione che forse rappresenta i sogni del governo cinese, ma che francamente (e fortunatamente) pare lontana dalla realtà italiana.

Per i non vaccinati o per i vaccinati con meno di 14 giorni di “anzianità”, le misure sono appena più stringenti. Si parla, infatti, di almeno 10 giorni di quarantena a tampone negativo o i soliti 14 senza tampone. Per i contatti a basso rischio, niente quarantena, come per i vaccinati. Insomma, mentre si dibatte sul Green pass per impedire ai non vaccinati di mettere a rischio la salute altrui, nei casi in cui il rischio potrebbe davvero esserci si fa finta di nulla. 

Passiamo all’isolamento, quindi alle misure per i casi di diagnosi positiva sospetta o confermata. Le linee guida del Ministero indicano almeno 10 giorni + tampone negativo per gli asintomatici, mentre per i sintomatici gli ultimi 3 giorni devono essere privi di sintomi. Importante il riferimento ai positivi a lungo termine: in questo caso, l’isolamento si interrompe dopo 21 giorni, con almeno una settimana senza sintomi. Nel caso in cui la diagnosi riguardi la variante VOC Beta, il tampone deve essere di tipo molecolare e i positivi a lungo termine possono uscire solo dopo un test negativo.

La gabbia prescrittiva

Abbiamo parlato di linee guida del Ministero, ma forse il termine non è esatto. La minuziosità prescrittiva, specie per quanto riguarda la quarantena, ha quasi del grottesco. Si pretende di avere una precisione assoluta nel tracciamento, quando gli strumenti disponibili sono ben lontani dal garantire queste prestazioni. La stessa app Immuni, di fatto, è usata in modo sporadico e aleatorio dalla gran parte degli utenti che l’hanno installata.

Mentre si impedisce ai non vaccinati di entrare negli spazi pubblici al chiuso, non viene presa nessuna misura di maggiore accortezza proprio quando sono più a rischio. E non viene fatta nessuna distinzione tra vaccinati e non rispetto all’isolamento, quando è ben noto che il vaccino riduce la contagiosità. Insomma: da una parte, dettagli assolutamente irrealistici, dall’altra misure lasche e indifferenziate. Nel mezzo, il medico di medicina generale, il cui patrimonio di conoscenza della persona potrebbe essere messo a frutto proprio nella valutazione del profilo di rischio.Manco a dirlo, si preferisce definire tutto dall’alto, incasellando l’attività professionale in parametri predefiniti. Ancora una volta, la medicina generale oscilla tra l’abbandono e l’imposizione burocratica. Ragione di più per darsi da fare, rendendosi protagonisti del cambiamento, insieme ai cittadini.