La gestione della fase finale dell’emergenza pandemica mette la medicina generale a un bivio. Tornano tutte le questioni legate alla necessità di gestire la domanda di salute accanto e insieme al cittadino. Questo è il principio cardine del lavoro di tutti questi anni, in cui la medicina generale ha avanzato le proprie proposte, non sempre ascoltate. E questo principio è al centro anche delle nuove esigenze che si sono manifestate con il COVID.
Il confronto, fatto anche su queste pagine, tra il bilancio di contagi e vittime in Veneto e in Lombardia, parla chiaro. Dove la medicina generale è stata valorizzata e coinvolta ci sono stati meno casi e decessi rispetto alle situazioni in cui è stata messa all’angolo.
Proprio l’esperienza della pandemia, del resto, rende necessaria una decisione. Da una parte, perché ha evidenziato le carenze e del nostro sistema sanitario di fronte a un’emergenza imprevista. Dall’altra, perché ha segnato un drastico cambiamento nelle politiche finanziarie, soprattutto a livello europeo; oggi finalmente ci sono i fondi necessari per fare qualcosa.
I fondi da soli, però, non bastano: se spesi bene sono una grande opportunità di rinnovamento e progresso, ma se vengono messi al servizio di una concezione sbagliata possono fare grandi danni.
Le due strade
Per questo parlavamo di un bivio. Da una parte abbiamo la medicina generale al servizio del cittadino, con liberi professionisti autonomi e responsabilizzati e strumenti digitali ben inseriti nel rapporto diretto tra medico e paziente. Dall’altra, c’è il solito approccio verticistico e burocratico, in cui i MMG sono ridotti a passacarte, dipendenti di fatto se non di nome. Insomma, un modello che cerca di replicare le logiche ospedaliere sul territorio.
Qui è cruciale il ruolo della tecnologia: il tipo di strumenti e, più ancora, l’approccio culturale alle soluzioni digitali è dirimente nella realtà del servizio di assistenza sanitaria. Prendiamo i dispositivi di telemedicina per la diagnosi di primo livello. Si tratta di strumenti “leggeri”, poco costosi, affidabili, integrati in una piattaforma al servizio di medico e cittadino. Gestire la domanda di salute insieme e accanto al cittadino: questa è la stella polare della digitalizzazione.
Il loro uso corretto valorizza tutte le figure coinvolte: il MMG che può fare meglio il suo lavoro, il cittadino che viene coinvolto nella tutela della propria salute, lo specialista che può agire meglio sulla base di un quadro chiaro, quando serve. E ovviamente il servizio sanitario nazionale, che ne trae grandi vantaggi in termini di appropriatezza e prossimità.
All’opposto di questo modello si trova l’impostazione verticistica e burocratica, che usa la tecnologia digitale come modo per imporre procedure e assegnare compiti. Questo modello “chiuso”, a differenza di quello aperto che auspichiamo, è caratterizzato anche dalla centralizzazione dei dati sanitari.
In altre parole, il cittadino è intrappolato in un algoritmo che regola la successione degli atti medici e produce documenti, con i medici relegati a meri esecutori. E parliamo davvero di tutti i medici, non soltanto dei MMG: tra direttive, linee guida e automatismi la professionalità medica e paramedica è umiliata a ogni livello.
Il PASSticcio burocratico
Un esempio di questa tendenza è l’ultima direttiva del Comitato tecnico-scientifico, che impone ai MMG di stampare i Green Pass nei propri studi, facendo da passacarte anonimi. Si tratta di uno sproposito da mille punti di vista. In primo luogo, perché riduce lo studio medico a una copisteria, mostrando una completa ignoranza delle sue reali funzioni.
In secondo luogo, perché questo compito improprio si aggiunge a tutte le altre mansioni, obbligando i cittadini a prendere appuntamento per un pezzo di carta. Poi, perché mostra di non aver compreso tutto quello che i MMG stanno facendo, oltre alle attività ordinarie: il monitoraggio dell’epidemia, l’assistenza ai malati e le vaccinazioni.
Ancora: l’emergenza epidemica ha costretto in secondo piano la cura delle patologie croniche, innescando una vera e propria bomba sanitaria a orologeria. Sarebbe il caso di concentrarsi su questo problema, invece di inventarsi nuovi oneri.
Infine, viene da sorridere notando che, mentre si parla di app, smaterializzazione e centralità del digitale, le fervide menti dei burocrati sanitari non riescano a liberarsi dal feticcio della carta. A tutto questo ha risposto, con durezza e ludicità, la FIMMG e rimandiamo senz’altro al comunicato ufficiale.
Che tutte queste considerazioni vengano dalle brillanti menti del Comitato tecnico scientifico, con le brillanti prove date finora in molte occasioni, può far sorridere. Che queste menti stiano disegnando, con queste logiche, il futuro della sanità pubblica italiana, fa rabbrividire.